L’ amore interrotto

La morte è sempre una grande sofferenza per chi resta. Non avere rispetto del dolore altrui è invece un brutto difetto. Sul web t’imbatti di tutto, trovi commenti più o meno decenti, pochi che si fermano a pensare a cosa sia il dolore dell’altro.

Se poi si parla di un dolore per la perdita di un figlio credo che il silenzio sia doveroso.

Un figlio è qualcosa che fa parte di te, qualcosa che è nato per uno scambio d’amore (quasi sempre), voluto (quasi sempre), cullato e amato fin dai primi mesi. Vale per la donna che ne è la parte gestatoria, a cui si aggrappa quel piccolo seme, ma vale anche per l’uomo, che vede la metamorfosi della compagna giorno per giorno. Sono due ruoli diversi, ma complementari.

Arrivo al dunque del mio discorso, un figlio è un dono meraviglioso, direi un dono pazzesco, ci travolge e ci fa vivere situazioni che non avremmo mai compreso; ci rende vulnerabili all’amore incondizionato, quell’amore che prima di diventare genitori non riusciamo a comprendere; ci rende complici nella vita di un piccolo essere che ci porta ad accettare tanti sacrifici ogni anno diversi; un figlio è una crescita personale ed emozionale incredibile.

Quando non ci mettiamo a pensare a questo, diventiamo simili a bestie, ma non assomigliamo a loro “alle bestie”, diveniamo una brutale forma di essere senza dignità emotiva.

Ho avuto un dialogo con una DONNA, MADRE, che quando io stavo nel mio anno migliore il 1990 (è nato mio figlio), ha perso la sua piccola di 5 mesi, mi ha raccontato la sua storia, semplicemente, con delicatezza, e altrettanto semplicemente ho fermato ciò che stavo facendo, ho ascoltato, ho riflettuto, ho avuto un’emozione che avrebbe voluto svicolare dalla distanza, per poterla abbracciare, stringere forte, e darle solo un sorriso. Ho pianto, come lo sto facendo ora, pensando a tutte quelle madri, padri che hanno subito un dolore così, non ci si riprende più, si vive, si sopravvive, si va avanti, ma non sarà mai più niente come prima.

Ascoltando questa MADRE, ho rivisto mia nonna e mio nonno, loro hanno avuto questo dolore, lei aveva 38 anni, lui 48, e nel giro di pochi giorni hanno perso due figli (i miei zii), due figli di 16 e 10 anni.

La loro vita cambiò, il grande dolore cambiò anche la risposta del loro fisico, improvvisamente quel dolore aveva cambiato ogni cellula, ogni pensiero, ogni forma di speranza.

Ricordo una Donna che aveva perso un figlio di dieci anni sui campi da sci, la vedevo spesso dove abitavo e dove avevo il mio laboratorio di maglieria, ogni tanto veniva da me, mi chiedeva di fare un maglione, un cappello, una sciarpa per il figlio, sapevo e la lasciavo fare progetti, l’ascoltavo, perché era sempre d’inverno che diventava irrequieta, che pensava a fare qualcosa da regale a quel figlio che non c’era più. Passati quei mesi invernali cambiava, la vedevi per strada con lo sguardo perso, camminava come se il mondo intorno a lei non esistesse.

Ecco quando un genitore perde un figlio tutto viene stravolto, si può anche urlare per giorni, si può rimanere senza parole, perdere il controllo della mente e del corpo, ognuno da voce al proprio dolore, ognuno perde l’anima, e credetemi non la ritrova.

Ecco che quello che è successo a Sondrio mi ha fatto paura, non è il colore che ci rende diversi, è ciò che non abbiamo più…l’umanità e la capacità di capire la sofferenza altrui.         

Fioralba Focardi

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