A&A di Marzia Carocci edizioni

Vorrei raccontarvi una storia, la mia, senza sembrare brava o dare lezioni, vorrei che fosse uno stimolo ad amarvi di più, perché troppo spesso noi donne ci dimentichiamo di essere, e diveniamo una cosa buttata là nel mondo.
Stamattina è uno di quei giorni no, la solitudine è la padrona del mio risveglio, succede quando mi ritrovo a fare i conti: economici, e soprattutto con le problematiche di ciò che vuol dire essere donna in questo contesto storico.
Sento un disagio interiore in molte donne che mi sconvolge, sembra che la tanto acclamata emancipazione sia stata un’evoluzione mal sopportata dal genere femminile.
Tira vento stamattina, un vento freddo che entra nelle ossa anche se ho addosso tanta di quella roba da sembrare grassa. Sono una donna che è stata sull’orlo del precipizio, e mi posso permettere di sentirmi bene in ogni contesto, ha fatto scelte più o meno sbagliate, e si ritrova molte volte a fare i conti con i pregiudizi dell’ignoranza culturale. Lavoro part-time, direi che nel gergo comune sono povera; sono una delle tante donne che lavora per poche ore, con un guadagno che non le permette l’indipendenza economica. Ma… Ma ho preferito dopo mille domande e poche risposte, la libertà di essere, di sentirmi parte dell’oggi, di vivere la vita assaporando ogni sfumatura, anche le difficoltà economiche.
Scrivo, mi piace scrivere, poesie, lettere, pensieri, romanzi, per molte persone sono strana, incomprensibile, mi viene da ridere, strana perché scrivo? Strana perché ho scelto di tirarmi fuori da una situazione che per me non era congeniale? Me ne frego, e lascio perdere, ora lascio perdere, prima no, prima m’incazzavo, mi sentivo incompresa, ma poi chi se ne frega? Ora che non m’interessa più essere capita da chi che sia, lascio che gli altri pensino quello che vogliono. Come mi vesto è affar mio, ho un uomo? Cosa può interessare agli altri? Ce l’ho, non ce l’ho, lascio che le supposizioni logorino le menti dei braconi (curiosi), di quelle menti pettegole che non sanno incantarsi davanti a un quadro, davanti a una scultura, che non sanno cosa sia la poesia, la pittura, passare ore e ore tra libri, scoprire e apprendere cose che aprono nuovi orizzonti; la meravigliosa scoperta che la mente apre tante porte soltanto se la fai lavorare, viaggiare, sognare; mi hanno anche detto che sono poco femminile, che non civetto, che me la tiro, forse è vero, forse sono così, ma non m’interessa essere diversa, voglio essere me stessa.
Ecco vorrei che le donne imparassero tutte a essere se stesse, senza dover fare i conti con gli stereotipi che le hanno condizionate da quando il mondo si è forgiato; vorrei che si cimentassero nella vita con la naturale grazia che hanno senza doversi travestire da maschi; non giudico le scelte, giudico l’imperfezione dell’emancipazione, della virgola mancante nel dialogo con l’altro sesso e soprattutto nell’educare l’altro sesso; giudico la non capacità di essere solidali con le altre donne, con chi è uscita dagli schemi. Questa sarebbe la più bella emancipazione, non che io non ci cada in questa trappola, ci cado ci cado, ma poi appena un laccio mi afferra taglio prima che mi riporti indietro. Parlo con molte donne, soffrono di un meccanismo che si è inceppato, non hanno capito che essere libere da stereotipi le può portare lontano. Invece si assoggettano, non pensano, non ragionano a largo raggio, non capiscono che se una si libera da certi meccanismi, possono farlo anche loro, oddio non è che devono fare quello che ho fatto io (quello vale per me), ma lasciare andare le vecchie brutte abitudini di assoggettamento a certi stili di vita le può sicuramente agevolare nell’essere migliori.
Sto scoprendo una me importante, non perché sia qualcuno, no, assolutamente, importante perché la sto formando nuovamente questa donna, cerco con le possibilità che ho di viaggiare, quanto mi piace prendere treni, aerei, in compagnia o da sola, non ha importanza, è libertà!
Quelle che hanno preso in mano la loro vita (un po’ come me), fanno i conti con l’ostracismo maschilista che imperversa in Italia: ma anche nel mondo.
Tira vento stamattina, forse pioverà, ho l’impermeabile giallo che da l’illusione del sole, affronto il giorno nuovo con voglia di assaporare ogni istante, perché ogni istante è importante, come sono importanti le lacrime versate, e anche quelle che verserò, fanno parte della vita, vita che va vissuta, anche con tutte le sue magagne.
Eppure, amo, amo di un amore diverso, fatto d’attese, di parole non dette o lette tra le righe. È diverso l’amore atteso da quello vissuto? Non so, non m’interessa, mi piace aspettare, mi piace sapere che lui mi pensa, che lui sa che su me può contare, che è solo il tempo che ci frega, ma l’attesa rende tutto meravigliosamente sconvolgente.
E poi guardare i suoi occhi, perdermi e annegare: lui è diverso, anche se ho dovuto imparare la fiducia, lui è diverso, un po’ come me, che non ho esigenze stratosferiche, che non mi aspetto l’anello al dito, che non voglio il suono d’organo, mi basta il suono della sua voce, sapere che sono un pezzo fondamentale per raggiungere gli obbiettivi, ecco questo è il mio amore. Diverso pieno d’incognite, forse anche un po’ mancante qua e là, fra i nostri spostamenti ovunque ci porti il nostro viaggiare.
Anime speciali, anime che hanno sofferto, anime che sanno di essere un’unica anima. Siamo così, certamente potremmo essere migliori, ma forse dovremo solo essere noi stessi.
Ecco, tra la mia indole femminista (così sembra a molti), e la mia anima romantica mi cimento a giocare a scacchi con la vita e le sue svariate mosse. Se sarò regina non lo saprò se non alla fine del mio vivere, ma so che questa forza che mi viene dall’aver compreso un po’ della mia essenza farà di me, una persona migliore, con la volontà di progredire.
Non ho raccontato molto, ancora devo somatizzare i miei sbagli, ho detto solo l’essenziale, la vita va amata e compresa, va rispettata rispettando sé stesse.
Fioralba Focardi