Un viaggio

Racconto scritto per il libro Passaggi di penna- un libro unico nel suo genere, dove gli scrittori si sono cimentati nella scrittura a mano.

Lettrice in treno – Edward Hopper, 1965

Prendere un treno, chi più chi meno, lo hanno fatto tutti con tranquillità.

Per lei invece era una sfida.

Una sfida alla sua perenne insicurezza. Aveva paura.

Provò paura già quando si mise in coda alla biglietteria, una mattina di un giorno qualsiasi, di un anno qualsiasi: era una donna che poteva avere tutti gli anni del mondo o solo pochi, vissuti sempre con le spalle al muro.

«Vorrei un biglietto per…» Pagò in silenzio. S’incamminò lungo il binario 8, dove l’aspettava Italo, il nuovo treno da poco messo sulle rotaie. Lo aveva scelto proprio per questo, tutti e due nuovi viaggiatori del mondo.

Titubante salì, con un’emozione crescente. Era un viaggio speciale, verso una città che amava che non vedeva da anni. Aveva scelto un posto vicino al finestrino; sapeva che con l’Alta Velocità sarebbe entrata in molte gallerie, buie e nere, ma quei pochi paesaggi che sfilavano veloci allo sguardo, voleva ammirarli.

La giornata era calda, un anticipo d’estate che da lì a un mese sarebbe esplosa. L’azzurro del cielo, un incoraggiamento alla sua avventura. Si sentiva libera come un gabbiano sul mare e si gustava quella sensazione mista a paura.

Non aveva detto a nessuno dove sarebbe andata. Non dare più spiegazioni era un’altra sfida che voleva vincere: “sono adulta e non vorrò più darle”.

Era già seduta da 10 minuti, quando il treno partì. Chiuse gli occhi per un istante e li riaprì dopo pochi secondi, che parvero eterni. Si sentiva bene, non era stato difficile prendere il biglietto, era stato facile salire i predellini, sedersi e iniziare il viaggio.

Uscito dalla stazione il treno avrebbe presto raggiunto la massima velocità.

Accanto a lei si sedette un uomo che la guardò appena; aveva un giornale, un portatile che accese per mettersi a lavorare. Lei non aveva nulla con sè, nemmeno un libro da leggere: guardare fuori dal finestrino era immensamente appagante. A un certo punto una voce le chiese: «cosa c’è di così bello da guardare con tanta concentrata attenzione?»

Stupita si voltò e con un sorriso appena accennato rispose: «la mia libertà!»

 Lo sconosciuto sorrise alla risposta così spontanea e rispose: «sensazione bellissima, ma attuabile? Chi è libero al giorno d’oggi?»

«La libertà mentale non deve essere incatenata,» rispose sorridendo, «ma ci vuole coraggio per essere libera dai vincoli, dai preconcetti che ci siamo cuciti addosso nei secoli. Che ci hanno resi tutti schiavi». E aggiunse guardandolo dritto negli occhi: «la libertà più bella è proprio questo stato d’animo».

L’uomo sorrise, spense il PC, e le chiese: «posso guardare con lei il paesaggio? Magari in silenzio, ma se le fa piacere potremmo commentare ciò che vedremo passare velocemente sotto i nostri occhi».

A lei scappò una risata e gli rispose: «se non si annoia va bene».  

Si appoggiò allo schienale e iniziarono a guardare insieme il paesaggio, in silenzio. Le varie sfumature del cielo che cambiava, i vari affreschi che la natura donava…Entrando in una galleria, l’uomo sussurrò: «e ora, in questo buio, cosa prova, trova ancora tutto affascinante?»

«Questo no, è troppo artificiale. Ma il buio notturno è sempre ammaliante, si possono ascoltare i suoni del silenzio, oppure immaginare con la fantasia ciò che si vuole,» rispose guardandolo dritto negli occhi.

L’uomo l’osservò con perplessità: «non ci avevo pensato a questa possibilità. Ha ragione, credo che lei si stia davvero assaporando una libertà speciale». E le fece una leggera carezza sulla mano.

Lei aprì gli occhi quando sentì una voce: “stiamo entrando a Roma Tiburtina, preghiamo i passeggeri di avvicinarsi all’uscita, ricordando di prendere i bagagli. Grazie per aver scelto Italo”.

Si era addormentata? Aveva sognato? Ma l’uomo sorridendole le chiese: «dove è diretta? Io scendo a Termini».

«Anche io scendo a Termini. Se promette di non ridere, le dico dove sono diretta», l’uomo annuendo la guardò, «andrò al Colosseo, adoro quel luogo, così antico e carico di storie, di allegria, sangue e cruenta crudeltà.Credo che in quel monumento si trovino tutte le umane emozioni».

Stupito, l’uomo abbassato lo sguardo, le rispose: «così, è un luogo diverso da ammirare. Per me che vivo a Roma, è una testimonianza  della sua magnificenza. Non avevo mai pensato a quello che mi ha detto, ma sento che ha ragione…».

Quando il treno si fermò, l’uomo l’aiutò ad alzarsi e poi, persino a scendere. Le prese la mano e con delicatezza se la portò alle labbra,  la ringraziò per la bellissima ora trascorsa. «Le lascio il mio biglietto da visita. Sa che mi piacerebbe fare un altro viaggio con lei?» E continuò: «magari verso un’altra destinazione…».

La donna prese il biglietto da visita e aggiunse: «sì, potrebbe essere un altro bel viaggio da fare. Mi spiace che non ha lavorato però».

«Ho tutta la giornata per farlo. Arrivederci allora. Anzi, spero a presto…» E sparì.

La donna in verità non riuscì proprio a vedere dove si dirigesse. Poi, uscendo dalla stazione, temette che tutto fosse stato un sogno. Ma aveva il biglietto da visita in mano e il nome spiccava, sul cartoncino avorio.

Quanti anni erano passati da quel giorno? Circa 8. E da quel giorno, tutto aveva preso un significato diverso.

Sorrise e s’incamminò, dove doveva andare…

Ma prima chiamò il numero che era scritto sul biglietto da visita: Amore, buona giornata. È sempre bello, viaggiare con te».

Fioralba Focardi

2 Comments

  1. In genere lancio anatemi verso chi scrive più di 15 righi, ma qui mi è stato semplice…forse a causa dell’amore per i viaggi?
    Non so se sia o meno una tua creatura, ma la penna che l’ha redatta è felice, la trama leggera e fa riflettere, forse surreale..
    Un incontro che mi piacerebbe avere.

    Piace a 1 persona

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