Giada-mercoledì-Tra due anime un destino

Mercoledì La mattina si sveglia carica di energia, il caffè come sempre la mette di buon umore, organizza la casa, lavora alla rubrica che tiene sul suo blog, parlare di arte è una delle sue innumerevoli passioni. La mail della libreria dove si serve la mette in confusione, il libro è arrivato in anticipo, sospira un po’ nervosa, dovrà uscire prima di casa.

Ha scelto un paio di jeans scoloriti, una maglietta con delle immagini divertenti e sopra indossa una lunga camicia bianca trasparente, tanto per smorzare la pancetta, c’è ed è meglio non metterla troppo in evidenza. Indossa scarpe con tacco basso, le ha scelte comode, non vuole rischiare quel fastidioso male ai piedi del giorno prima; non vuole ritrovarsi nella medesima situazione perché avrà un po’da da salire, Palazzo Vecchio e la Torre di Arnolfo hanno belle scale di pietra serena.

 Si avvia alla fermata, ovviamente il “Mio Scocciatore” non ci sarà pensa sospirando malinconica. Guarda il cielo, la giornata è variabile, in fondo è primavera, l’aria è tiepida anche se un po’ grigia.

 Guarda il cielo, la giornata è variabile, in fondo è primavera, l’aria è tiepida anche se un po’ grigia.  

La libreria è vicina al luogo dove lavora, si ferma subito e acquista il libro che aveva ordinato, sono poesie di un autore russo “Iosif Brodskij”, lo ha scoperto per caso e quello che ha letto l’ha convinta a comprare un suo libro intitolato “Poesie”, contenta si ferma un po’ a cercare altri titoli, ha una bella fornitura di opere nella sua libreria, e farebbe sempre incetta di libri, ma sono sempre i soldi che frenano i suoi acquisti. Non ama prenderli in prestito alla biblioteca, si affeziona e molte volte ha bisogno di rileggerli.

Si avvia al lavoro, focalizzandosi al pomeriggio con un sorriso contagioso che mette di buon umore chi la guarda.

Le sue mansioni l’assorbono come al solito, e al solito le negano qualsiasi voglia di progredire, e soprattutto la stancano fisicamente, ma se pensa al Mio Scocciatore e al suo sorriso tutto sparisce.

 Le sedici arrivano velocemente, finalmente è negli spogliatoi, fa una doccia si trucca un po’ e, poi via, verso Piazza della Signoria. Attraversa piazza del Duomo, s’incammina verso via Dei Calzaiuoli, strada pedonale e sempre affollata, lì non passano che auto di servizio o i “bussini” come vengono chiamati dai fiorentini, è una via elegante e le vetrine con prezzi esorbitanti fanno mostra di sé, Giada passeggia tranquillamente immaginandosi al fianco del Mio Scocciatore.

Continua il percorso osservando anche i palazzi che si ergono lungo i lati. La strada è il collegamento tra piazza Del Duomo con la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il Battistero, il Campanile di Giotto e piazza della Signoria dove sorgono Palazzo Vecchio, palazzo del Tribunale e della Mercanzia, La Loggia dei Lanzi e il palazzo Dei Mercadanti.

Il pomeriggio è come il mattino, variabile e tiepido, per fortuna le ombre della sera si allungano sul tardi e lei si può gustare la passeggiata e forse una cioccolata nel rinomato Revoire, dove fanno la cioccolata più buona di Firenze.

Il tratto è breve e si ritrova nella Piazza, lo spettacolo è come al solito magnifico, gironzola un po’ per la piazza, si ferma ad accarezzare un cavallo, che si lascia toccare docilmente, ci sono tre fiaccherai che aspettano turisti, i caffè con i tavolini sono affollati.

 L’impressione che si ha entrando nella piazza è come sempre di maestosa armonia, ma per creare questo capolavoro, quanto sangue è dovuto scorrere. Tra la fine del dodicesimo secolo e la metà del successivo, si formarono, all’interno di quasi tutte le città italiane e non, due “partes” i Guelfi e i Ghibellini, che si schieravano da una parte o dall’altra nella contesa tra Papato e Impero: i primi parteggiavano per il Papa i secondi per l’Imperatore. A Firenze, le contese locali trovarono una nuova ragione di scontro in questa lotta. La piazza all’epoca era una parte della città piena di case e torri appartenenti alle due fazioni, e quando gli Uberti che erano di parte Ghibellina persero la battaglia con i Guelfi, furono distrutte le abitazioni dei perdenti: lo spazio fu dichiarato terreno maledetto e fu proibito costruire, da qui la sua forma a L. 

I vincitori sono sempre quelli che dettano regole anche ingiuste, la storia ne è piena ahimè!

In seguito, la Piazza con la Costruzione di Palazzo Vecchio divenne il luogo della vita politica e sociale della città di Firenze. Nel centro della Piazza una lapide ricorda il punto dove fu giustiziato il Savonarola, impiccato e poi arso, proprio nel luogo esatto dove l’anno prima aveva dato fuoco a tutto ciò che lui dichiarava indegno: Il Falò delle Vanità, così fu denominato quell’episodio.

Come sempre ci sono leggende, che portano a idolatrare i martiri delle ingiustizie, e anche per il Savonarola in alcuni libri si narra che quando il fuoco divampò, il braccio destro del frate si staccò e la mano parve alzarsi con due dita dritte, come se volesse benedire il popolo fiorentino così ingrato. Le ceneri dei tre Frati furono gettate in Arno, per paura che i seguaci ne facessero un culto, e il mattino dopo, la piazza nel punto dove era avvenuta l’esecuzione, e che era stata ripulita durante la notte, apparve ricoperta di petali di rose, fiori e foglie di palma.

Firenze elegante, Firenze amante del bello e dell’arte, Firenze furibonda, Firenze spavalda, Firenze crudele, Firenze la culla della civiltà.

A Giada viene in mente il film Non ci Resta che Piangere, dove Benigni e Troisi erano stati catapultati nel periodo della scoperta dell’America nel paese di Frittole, Borgo immaginario nella Toscana quattrocentesca. Il dialogo fra Troisi e il Monaco era davvero divertente.

M.…Ricordati che devi morire!

T…  Come?

M… Ricordati che devi morire!

T… Vabbene.

M… Ricordati che devi morire!!

T… Sì, sì, no, mo’ me lo segno proprio…

Si avvia verso la Loggia dei Lanzi che come al solito è affollata, Giada si affaccia osservando i volti, ma nessuno ha le caratteristiche del Mio Scocciatore, osserva la Loggia che fu costruita tra 1376 e il 1382; all’inizio era adibita per ospitare le varie assemblee pubbliche popolari, e per le cerimonie ufficiali della Repubblica Fiorentina. Nel 1500 dopo che la repubblica cedette il passo al granducato, la Loggia fu destinata ad accogliere le numerose sculture che oggi trovano spazio in musei al chiuso, lasciando il posto a copie identiche. Fra tutte spiccano Il Perseo di Benvenuto Cellini, Il Ratto Delle Sabine, Ercole e il Centauro entrambi del Giambologna.

Il Ratto delle sabine! Sorride pensa ai Romani in cerca di Donne, e invece ora è Lei in cerca di un Romano. Si mette a ridere, una coppia la guarda e ridono anche loro senza aver capito il perché di quella sua risata.

Giada, passeggia osservando i palazzi, sono tanti, e tutti hanno una loro storia, si chiede in quanti dei suoi concittadini la conoscono tutta.

Il Medio Evo è stato un periodo dove si sono forgiate le arti e i suoi geniali esecutori, per poi continuare nel Rinascimento. Sono stati secoli di crescita culturale, sia nell’arte che nella scrittura. Secoli che hanno generato tanti magnifici capolavori, portando allo splendore questa Città, la scrittura con Dante, Boccaccio, Petrarca e tanti altri, la pittura e scultura con Michelangelo, Leonardo Da Vinci, Giotto, Cimabue, Brunelleschi.

Pensando a tutto questo Giada si è soffermata davanti alla fontana del Nettuno, che i Fiorentini continuano a chiamare “il Biancone”, soprannome che fu coniato proprio dai Fiorentini quando fu inaugurata in una buia serata. Della statua i curiosi accorsi vedevano solo il bianco del marmo invece che la bellezza della scultura, oltre tutto al Popolo non piacque molto e come al solito i fiorentini non si smentirono, il loro carattere provocatorio e polemico fece si, che coniarono il motto “ammannato ammannato che bel marmo hai rovinato”.  L’Ammannati infatti era lo scultore che aveva creato quella meraviglia. Giada alla situazione così divertente s’immagina come poteva sentirsi l’artista preso in giro dal popolo, aveva riso di gusto quando aveva letto questa parte di storia in un libro che parlava proprio della Fontana Del Nettuno, costruita per simboleggiare l’ambizione marinara della Repubblica Fiorentina.                            

 In fondo il suo carattere è come quello dei suoi concittadini, contemporanei o del passato, sono ancora oggi polemici e provocatori.

Sale gli scalini che portano al primo portone di Palazzo Vecchio, entra nel cortile principale, lo sguardo si sofferma su ogni più piccolo particolare, anche quel luogo fu ristrutturato e abbellito per le famose nozze di Francesco I e di Giovanna D’Austria, lo testimoniano i riquadri inferiori delle pareti: vi sono raffigurate tutte le città che facevano parte dell’Impero Austriaco. Il cortile da già l’idea di cosa si può trovare ai piani superiori. Lo sente parte di sé quel palazzo, contribuisce a intensificare l’emozione d’appartenenza a questa sua magnifica città.

S’incammina per le scale di pietra serena e si ritrova nel salone dei Cinquecento, ciò che ritrova è la magnificenza dei decori visti al piano sottostante, il salone ha una lunga storia, voluto dal Savonarola quando rimpiazzò i Medici alla guida di Firenze. Il frate, commissionò il salone a Simone Del Pollaiolo, lo volle come sede del Consiglio Maggiore che appunto erano Cinquecento. La “Sala Nova”, costruita da Simone del Pollaiolo detto il Cronaca, affiancato anche da altri architetti, era già in uso nel 1496. Occupava lo stesso spazio dell’attuale Salone, ma era più basso di circa sette metri, con finestre su tutti i lati, un altare sulla parete ovest e, dalla parte opposta, una tribuna per la Signoria, affiancata da due porte che conducevano al Segreto, la stanza degli scrutini, e allo Specchio, dove si tenevano i registri dei debitori della Repubblica. La storia in quel periodo di Fiorenza città era una partenza e ritorno dei Signori: “i Medici”, scacciati e poi riammessi al governo. Tutte le volte che i Medici rientravano in possesso del potere e rientravano in città, il salone tornava a essere l’alloggio delle guardie. Ma tutto cambiò, quando Cosimo I, decise di stabilire nel Palazzo la sua dimora.

Il salone allora prese l’aspetto che ancora oggi vediamo. Si narra di due affreschi mai conclusi che furono commissionati a Leonardo da Vinci “la Battaglia di Anghiari”, e a Michelangelo Buonarroti “la Battaglia di Cascina”. Queste due opere incompiute, non si sa bene se vennero coperte o distrutte, ma per fortuna, di ognuna delle due restano i bozzetti.

“Chissà da quale finestra del Palazzo fu buttato il corpo di Baldaccio d’Anghiari”, si chiede Giada.

L’uomo, soldato di ventura, intemperante, accusato varie volte di omicidio, ma mai condannato perché riuscì sempre a fuggire; soldato al soldo di molti casati, per le sue azioni a favore di Firenze venne insignito della cittadinanza. Ma come sempre, chi ha il potere teme chi è al suo soldo, specie se ha un braccio adatto alla guerra. Baldaccio aveva molti nemici, fra cui Cosimo De’ Medici. L’uomo fu ucciso dagli uomini del Gonfaloniere di Giustizia Bartolomeo Orlandini, che lo assalirono in Palazzo Vecchio per poi gettarlo da una finestra, trascinato in piazza, decapitato ed esposto al pubblico ludibrio. Da qui è nata la leggenda, che narra del fantasma di Baldaccio d’Anghiari si manifesti nelle sale di Palazzo Vecchio, tenendo sotto al braccio la sua testa mozzata, in cerca di giustizia.

 Guarda l’ora si sono fatte le diciotto e venti, non può salire sulla Torre di Arnolfo, anche da lì si vede la bellezza di Firenze, ma è ora che s’incammini verso casa. Del Mio Scocciatore, non c’è traccia, fa una smorfia triste, che rispecchia tutta la sua delusione.

Per consolarsi si ferma da Revoire e ordina una cioccolata, ogni tanto, una coccola fa bene.

S’incammina, passando per via Por Santa Maria si ferma alla Loggia del Mercato Nuovo per toccare il Porcellino, la fontana in bronzo che tutti chiamano erroneamente del Porcellino, in realtà è un cinghiale. Mette 50 centesimi in bocca dell’animale e accarezza il muso: esprime un desiderio e si avvia verso casa, deve fare la spesa e inventare la cena, chiama suo figlio che le risponde «Oooo… mamma non ti ricordi che ti avevo detto che ero a cena fuori?»

«Oddio Tesoro scusami mi ero completamente dimenticata!»

«Non ti preoccupare vecchia lo so che ormai perdi colpi e la memoria».

«Bada a come parli che quando torni ti prendo a sculacciate!»

«Bella lei, eccola che fa le prove di forza!»

Ridono e si salutano: «Se torni tardi non fare troppo baccano come al solito».

Quello il loro codice scherzoso per dire: ” quando rientri se dormo svegliami”. E vale per entrambi.

Arrivata a casa, si rilassa, a questo punto non ha fretta di preparare la cena. Telefona alla Madre, parlano per un po’ gli racconta cosa succede a lavorare, chiede notizie dei fratelli, saluta e chiude la comunicazione. Si è allontanata dalla famiglia, purtroppo la separazione voluta da Giada e il conseguente divorzio, non è stato accettato, e ancora i rapporti non si sono normalizzati.

Guarda un po’ di Tv, ma si annoia, prende un libro e s’infila sotto le lenzuola. La fantasia corre veloce, abbandona il libro e chiudendo gli occhi s’incammina nei sogni, popolati dal suo misterioso Uomo.

Jacopo quando torna, la trova addormentata abbracciata a un cuscino, le da un bacio sui capelli e spegne la luce sul comodino. Giada sussurra: «Notte figlio».

Sorridendo si riappropria dei suoi sogni.

Fioralba Focardi

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