Ivan-martedì- Tra due anime un destino

Martedì

La sveglia suona, Ivan si stira nel grande letto, ha dormito profondamente con Giada che ballava nei suoi sogni.

L’Hotel è bello, silenzioso, comodo e anche costoso, in fondo se lo può permettere, fa una smorfia. “Voglio una casa come base, il caffè non lo avrei dovuto attendere, ma lo avrei preparato subito”.

La casa è quasi una necessità improvvisa.

“Incaricherò un’agenzia, non voglio incaricare la segretaria o per la società, anche se l’avrei  subito a disposizione senza spese”.

Mentre s’infila in doccia canticchia una  canzone di Vasco Rossi “Eh Già”.

Sorride, mentre si fa la barba si guarda allo specchio, è rilassato.

“Stasera alle 15 e 45 mia dolce Giada sarò vicino a quel grande portone, per vedere dove vai,” borbotta con le labbra impiastricciate di sapone, e il sorriso che si palesa fra il candore della schiuma “mi piacerebbe entrare nella tua testa e vedere se per caso, io, faccio lo stesso effetto che fai tu a me”.

Il vestito è sull’altra sponda del letto, lo ha scelto blu con abbinata una camicia grigio perla, e cravatta blu elettrico. Scende in sala dove la colazione abbondante lo aspetta, e poi si avvia verso l’ufficio, apriranno alle otto e trenta i locali dell’azienda, lui è in anticipo e se ne va a passeggiare in piazza del Duomo, a quell’ora è semi deserta, ci sono solo tre operatori ecologici che raccattano lo sporco lasciato dagli ultimi nottambuli. La giornata sembra soleggiata anche se il cielo deve prendere il suo colore definito.

Il Duomo è magnifico: Chiederò a Giada di farmi da chaperon una volta conquistata!” Sorride.

La mattina la passa tra fogli, telefonate, colloqui, salta il pranzo, vuole finire di lavorare per le 15. Se sarà il caso rientrerà dopo aver seguito Giada, per ora non ha intenzione di manifestarsi a lei.

“È  una curiosa donna e deve avere una personalità complessa”.

Ha incaricato un’agenzia di trovare un appartamento, poteva telefonare a Roma e chiedere di mettergli a disposizione un’appartamento, uno dei tanti che hanno a Firenze. Anche il suo commercialista gli ha fatto notare quel dettaglio, ma non vuole far sapere che ha intenzione di passare anche i giorni in cui non è impegnato a Firenze; sono fatti suoi, e non vuole metterli in piazza. Quando non è impegnato nel lavoro, la sua vita privata la tiene lontana da tutto ciò che può invaderla, se lo è imposto dopo la tragedia che lo ha colpito come un uragano, e non sarà certo questa la volta che  che cambierà idea!

Alle 15 saluta la segretaria ed è fuori, respira a pieni polmoni l’aria tiepida di fine maggio, scaccia il lavoro dalla mente per dedicarsi a quel pensiero piacevole dal nome Giada.

Cerca un locale dove fare un breve spuntino e aspettare l’ora per seguire la sua Dea. Si sente confuso, con tutto quello che gli è successo non si aspettava che una donna incontrata per caso, lo facesse sentire così. Si ferma sull’angolo di piazza del Duomo, c’è una pasticceria Scudieri, la giornata è piacevole e si siede in un tavolino all’aperto. È indeciso se chiedere un primo o altro, guarda l’orologio e gli viene la paura di far tardi, si fa portare un aperitivo analcolico alla frutta, e due tramezzini, un caffè, alle 15 e 35 chiede il conto paga e se ne va dritto alla meta.

Giada esce dal portone alle 16 e 15, è vestita con un bel vestitino color ocra, sul carré ci sono inserti di pizzo, indossa scarpe basse e, ha sempre le cuffie, deve essere bellissima la musica che ascolta, unico neo sono le cuffie viola: “Mi sa che è tifosa della Fiorentina,” sghignazza fra sé e se “nessuno è perfetto”.

La segue senza che la donna si accorga di lui, si diverte a immaginarla al suo fianco, chissà cosa si racconterebbero.

Ha deciso di attendere, ma sente che fa uno sforzo incredibile, vorrebbe baciarla, vorrebbe accarezzarla, non ha mai creduto al colpo di fulmine, ma lui è stato centrato in pieno, quell’incontro è stato peggio di una tempesta.

Sta facendo lo stesso tragitto che fa la donna, tutte le volte che si ferma lo fa anche lui, cercando di rimanere al di fuori del suo raggio visivo.

“Dove sta andando?” Si chiede: “Chi deve incontrare? Eppure, sembra che non abbia nessuno che l’aspetta, guarda le persone le scruta, osserva il mondo che la circonda con sguardo curioso, anche un po’ triste. Che creatura sensibile deve essere, chissà cosa cela nel suo sorriso luminoso”.

Giada si ferma in una gelateria e compra un gelato, Ivan aspetta che esca dalla gelateria e: “Scusi potrebbe farmi un cono identico alla donna che è uscita poco fa, quella con i capelli rossi”.

La ragazza lo guarda perplessa ma prepara il cono con i tre gusti. Ivan la ringrazia dicendole: “È la mia ragazza, non sa che sono a Firenze e voglio farle una sorpresa”.

La commessa sorride intenerita: “Che dolce,” pensa “come vorrei anche io un fidanzato così”.

Ivan, è perplesso del suo comportamento non avrebbe mai scelto quei tre gusti e quella giustificazione insensata alla commessa, cerca tra la folla Giada, ha paura di perderla, e questo non è ciò che vuole.

Guarda il gelato che ha preso, non sono quelli i sapori che di solito ordinerebbe: “Ormai sono in ballo, e assaggiamo va!”

Giada, non riesce a scorgerla tra la moltitudine di persone, ma poi la intravede, cammina su Ponte Vecchio, si ferma guarda le gioiellerie, ogni tanto la perde, poi si ferma davanti alla statua di Benvenuto Cellini, accarezza i lucchetti, osserva il fiume, vorrebbe chiederle: “Cosa stai pensando? Il tuo pensiero, sarà bello? Chissà se ti ricordi di me, o pensi ad altro? “

Si trattiene dall’avvicinarla, vuole aspettare, vuole capire se stesso, vuole soprattutto non farsi male. Non vuole più soffrire.

Seguire Giada è come camminare sull’onda di emozioni contrastanti, lei vaga senza meta, osserva, ogni tanto risponde al telefono, ma raramente, comprende già da questo che è una Donna solitaria, poche persone nella sua vita, deve avere una storia di sofferenza anche lei, lo capisce da come guarda i diversi, da come si accosta ai bambini. Mentre la donna si sofferma con lo sguardo perso a osservare Benvenuto Cellini e l’Arno, lui si posiziona nell’altra apertura che divide Ponte Vecchio e le sue botteghe a metà, la sua storia lo ha sempre affascinato, e i ricordi vanno al Padre.

Soprattutto lo affascinano il corridoio Vasariano e la sua storia. Il Padre gli ha lasciato una libreria fornitissima di libri che parlano di architettura e opere d’arte, oltre a vari trattati. Guido De Fazzi era un appassionato della storia Italiana e delle sue innumerevoli meraviglie, e di Firenze, per quanto ha potuto si è circondato di opere d’arte e quando finalmente trovò un libro che raccontava la storia del corridoio, sfogliarono insieme il libro, mentre raccontava al figlio dodicenne di un’altra storia.

Suo padre fu uno degli Angeli del Fango, e quel pezzo di storia vissuta è rimasto impresso nel cuore di Ivan quante volte il padre ne parlava con lui, raccontando la disperazione nel vedere così ingenti danni a tutte quelle opere. Gli raccontava della solidarietà che tanti giovani come lui portarono a Firenze, dei fiorentini che non si persero d’animo, della città che sembrava quasi un girone Dantesco. Lui era dislocato nella Libreria Nazionale e insieme ad altri amici accorsi da varie parti d’Italia e dall’estero si rimboccarono le maniche, e in mezzo al fango iniziarono una corsa contro il tempo per salvare un milione e trecentomila tra libri antichi, raccolte di carte geografiche e topografiche, giornali e manifesti, e una miscellanea di opere moderne. Quando poi tornò a casa rimase in contatto con molti di loro, uno in particolare John Marshall, un giovane studente americano, un ragazzone simpatico e dalla folta barba rossiccia; anche Ivan è legato da un profondo affetto e amicizia a John, instaurata con l’uomo quando si trasferì per un periodo negli Usa per studiare. Si sentono molto spesso al telefono specie dopo la morte di Guido un paio di anni prima. Gli manca il padre, uomo autoritario, con cui ha sempre avuto un legame difficile, John era invece un fratello maggiore che mediava tra i due con pacatezza. Ivan si è assoggetto ai desideri del padre riguardo agli studi da intraprendere, non era quello che voleva fare, ma Ivan è sempre stato il classico bravo ragazzo, rispettoso o forse solo deciso a non dare un dispiacere ai suoi genitori, li amava troppo.

Quando vede la donna incamminarsi verso la stazione, la segue, percepisce che è delusa, ma non sa il perché e gli viene il desiderio di farle una carezza.

Il cellulare della donna squilla e Giada risponde, non capisce ciò che dice è troppo distante, ma da attento osservatore percepisce la noia e la sua contrarietà nel rispondere, quando riattacca però le da l’idea di essere dispiaciuta.

“Chissà chi era al telefono!”

” Ecco ci manca che sia pure geloso!”  

La scorta come la sera precedente  a casa, e torna in ufficio.

Firenze è nel periodo più bello, i viali hanno quel verde tenero degli alberi in primavera, qua e la ci sono aiuole di rose in fiore dai vari colori, lungo il percorso del tram, persino i cespugli di biancospino sono ancora ornati di piccole corolle bianche. Per arrivare in ufficio passa da piazza Santa Maria Novella, il prato ha il roseo vestito di piccoli rosai, è vietato calpestare l’erba, ci sono delle panchine in muratura, quasi architetture, dove i turisti seduti ascoltano un musicista di strada.

In ufficio si butta a capofitto nel lavoro, quasi tutti gli impiegati sono già andati a casa, ci sono gli inservienti intenti al loro lavoro, un paio di  dirigenti che quando se ne vanno passano a salutarlo, si conoscono da tempo e uno di loro gli dice “Ivan una di queste sera andiamo a cena fuori, conosco un locale in cui si può mangiare e ascoltare buona musica”.

“Sarà un piacere Giuliano, grazie organizziamoci”.

Giuliano esce e Ivan si ritrova ancora a leggere fogli, nomi, e le varie dettagliate relazioni a cui deve dare forma.  Quelle pratiche ormai sono per lui una costante senza incognite, il suo lavoro lo sa fare bene, annusa le problematiche di rischio e soprattutto ambientali senza perdere la lucidità, oltre tutto, sa bene come reagiscono gli addetti ai lavori, chi sono quelli di cui la società si può fidare, e di quelli che è bene mettere a fare altro. Non ama licenziare, ma se deve avere cavalli a galoppare, li vuole capaci di far fruttare le conoscenze per cui vengono pagati. Gli altri, possono fare semplicemente gli impiegati.

Suona il cellulare, è l’agenzia ha trovato degli appartamenti adatti a lui, così pare. La bocca con un ghigno ironico è l’esatta immagine di ciò che pensa ” I soldi trovano tutto, solo non trovano la felicità. Quella è rara e non si può comprare”.

Prende appuntamento per il giorno successivo verso le 13.

Torna in Hotel stanco, non ha fame, una doccia e crolla in un sonno popolato di tante Giada che lo confondono e gli sorridono.

Fioralba Focardi

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