
Quei due là
Sabato
Giada
Si sveglia, il suono della sveglia è fastidioso, si stira borbottando: “Uffa ancora un giorno di lavoro!”
Non si ricorda che è sabato, e la sveglia l’ha messa perché deve uscire presto, ma dopo il caffè, le viene in mente il motivo per cui si è svegliata presto e si mette le mani nei capelli, si è lasciata prendere dalla pigrizia e ora ha poco tempo per farsi carina, è il pensiero che le passa per la testa.
È una bellissima mattina di sole, decide di saltare le incombenze domestiche, tanto fino a domenica sera è da sola, e anche se Jacopo dovesse tornare prima, non avrebbe niente da dire.
S’infila in doccia, canta senza sapere cosa, s’inventa le parole, è felice, nonostante tutto è felice, come se sapesse che qualcosa di bello si stia preparando per lei.
Opta per un abbigliamento casual, una lunga camicia azzurra a maniche lunghe, che arrotola sui gomiti, e un paio di jeans a sigaretta bianchi con dei tenui fiori, dei comodi mocassini azzurri: “Le scarpe devono essere comode dovrò camminare per tutto il giorno”.
Un trucco appena accennato e via verso la sua missione, prima fermata campanile di Giotto.
Si guarda intorno con una sottile speranza: “Metti che un colpo di fortuna mi faccia trovare il Mio Scocciatore alla fermata”, il solito pensiero, la solita speranza, che le passa per la mente, è una fissazione petulante; la musica è al massimo del volume, vuole non pensare, vuole semplicemente sperare.
Piazza del Duomo non è gremita, sono le dieci ed è ancora presto, molti turisti staranno ancora dormendo, e dopo 20 minuti di coda inizia la salita, si sente stranamente agitata, osservata!
Gli scalini che portano su, prova a contarli, tanto per rendere la salita meno pesante, ma forse, è solo un modo di tornare bambina, lo faceva sempre di contare gli scalini, non si ricorda bene il motivo, ma si divertiva sempre tanto.
La salita è meno faticosa di quel che pensava, ci sono persone davanti a lei, rallentano e ha modo di farsi il fiato.
Arrivata alla prima terrazza osserva il paesaggio di Firenze è già diverso, guarda in su e s’incanta. “Ma come possono aver fatto a costruire una cosa così alta, 82 metri per quell’epoca mica sono noccioline”. Le viene in mente una scimmia, sorridendo riprende le scale.
Il senso d’inquietudine è passato, ora ci sono poche persone gli altri sono rimasti a riposare, piano piano le scale diventano sempre meno pesanti, forse è l’aria o forse la sua voglia di salire su.
Arrivati alla seconda delle tre terrazze e guardare di sotto viene naturale, ci sono grate di acciaio che mantengono in sicurezza i turisti, tutto è blindato, ma da sotto non si notano queste strutture, forse sono state create ad arte proprio per non modificare l’immagine del campanile.
Che strano, la sensazione di essere osservata è tornata, si guarda intorno, ma il Mio Scocciatore non è nei paraggi, ma è dal giorno prima che ha questa strana sensazione.
Riprende la salita ora è lenta, le scale sono più strette e deve dare a volte, la precedenza ai turisti che stanno scendendo, i buon giorno, grazie, è quasi arrivata, vengono spontanei; è come se il ritrovarsi vicini in quel contesto artistico, con la fatica della salita renda le persone più cordiali.
Il fiato comincia a essere un po’ affannato, si passa la mano fra i capelli, si sente un po’ scoraggiata, il pensiero del Mio Scocciatore l’ha messa KO.
Finalmente arriva alla terza terrazza, quasi ad altezza della cupola, e la vista è da mozzare il fiato. Ci sono ancora 22 scalini per arrivare proprio fuori del campanile, le scale sono veramente strette, riprende fiato e fa l’ultima rampa, uscita fuori il sole le regala i suoi raggi che la scaldano. “Finalmente in cima”, dice come se parlasse a qualcuno, si affaccia e osserva il panorama.
L’aria frizzantina lassù e le arrossa il viso, forse un giubbotto sarebbe stato il caso di portarlo, ma lo scorcio di Firenze è magnifico da togliere il fiato. Non si accorge dell’uomo dietro di lei, come potrebbe ci sono tanti turisti, e lei non sta pensando al Mio Scocciatore.
A un tratto una voce da dietro le sussurra: “Non ho mai trovato una donna imprendibile come te!”
La voce, quella voce la ricorda bene, è la voce del Mio Scocciatore ed è dietro di lei; stupita si volta: “Ma dai come imprendibile?” Scuote la testa per mettere a posto quel ciuffo sempre ribelle, rimane ferma a osservarlo: “Imprendibile?” Ripete, “mai trovato?” Si mette a ridere, “perchè imprendibile?”
Il campanile le ha portato fortuna…ma non sa che…
Fioralba Focardi