
Parte quinta
Fiorenza ruffiana
Giada
Rientrata in casa, Giada guarda l’orologio, sono le diciotto e trentacinque: “Come pensa che possa essere pronta per le venti?”
“Oddio come faccio e che vestito metto?”
Apre l’armadio e tira fuori tutto quello che gli capita. Poi sconsolata si siede sul letto, e sospira.
“Non ho niente di carino, niente di niente, potevo pensarci che forse lo avrei incontrato, che forse mi avrebbe invitata a cena, e che scema nemmeno il telefono gli ho chiesto, ora non posso nemmeno rimandare!”
Si spoglia e si rilassa sotto il getto dell’acqua calda, lava pure i capelli, anche se sa che poi andranno per i fatti loro.
Quando esce il cellulare sta suonando, è Jacopo che vuol sapere dove è finita, di solito gli scrive sempre uno o due messaggi.
“Mamma stai bene?
“Sì, sì, scusami sono stata fuori tutto il giorno e ora devo chiudere, scusami tesoro ma ho un appuntamento e sono in ritardo e non so cosa mettermi e non…”
La risata del figlio interrompe quel fiume di parole.
“Ok, ok, sono contento che sei uscita e che stai per uscire di nuovo, e non importa ciò che metti, vecchia farai la tua figura come sempre. Mamma dico davvero sono contento che esci, divertiti e se puoi mandami un messaggio più tardi, stavolta tocca fare a me il mammo”.
La telefonata l’ha calmata, mentre si asciuga i capelli, decide che indosserà un tubino verde che ha comprato recentemente e che non ha mai indossato. Ha un paio di scarpe color glicine, un altro colore che adora, con stola e borsette abbinate. Non ha tempo di mettere lo smalto, perde troppo tempo con i capelli, un leggero rossetto che riprende il colore degli accessori, ed è pronta.
Guarda l’ora sono le diciannove e cinquantacinque.
“Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta, sì posso accontentarmi non sarò bellissima, ma nemmeno poi tanto male!”
Parla alla figura che le rimanda lo specchio, prende la borsa, chiude la porta e si avvia.
Ivan non c’è, c’è invece un taxi e il taxista fuori che l’aspetta, le apre la portiera e la fa accomodare.
“Buona sera signora, la devo accompagnare al luogo dove la stanno aspettando”.
“Grazie”, risponde con uno sguardo colmo di delusione, le viene il magone, ma cerca di rilassarsi.
Si mette comoda e osserva il percorso, il taxi prende delle vie laterali, per poi immettersi in via Pisana, arrivati all’incrocio svolta in direzione Piazzale Michelangelo, lo superano e scendono verso Lungarno Benvenuto Cellini, per poi proseguire su Lungarno Torrigiani, e poi per Costa dei Magnoli. Stupita Giada si chiede: “Che ristorante c’è in quella zona?” La macchina prosegue ed entra in Costa San Giorgio, l’auto si ferma e un Ivan elegante e sorridente l’aiuta a scendere, il taxi riparte.
“Ma non l’ho pagato!”
Esclama Giada, Ivan le strizza un occhio: “Corsa gratis”.Lo dice sorridendo e la bacia, poi prendendola per mano: “Ora dovrai fare una breve salita, sei sicura che ce la fai con i tacchi?”
“Ti sembro una che non sa camminare sui tacchi?” Chiede con aria offesa, ” ma se prendo una buca e ti frano rovinosamente addosso, sappi che sarà soltanto colpa tua, non del mio incedere vacillante!”
Scherzando sono giunti al portone della casa di Ivan: “Prego si accomodi, ci sono due rampe di scale da salire, tranquilla io le sono dietro, se inciamperà mia cara signora smeraldo, le farò da materasso”.
“Fai pure lo spiritoso, ma guarda che con i tacchi la sottoscritta è fidanzata dall’età di tredici anni, ricordalo bene, uomo dei mocassini!”
“Spiritosa!”
Arrivati alla porta Ivan la fa accomodare: ” Ti prenderei in braccio ma mi sa che sei sugli ottanta chili e la mia schiena non reggerebbe”, Giada gli da un buffetto sulla mano ed entrano in casa ridendo.
Chiusa la porta si baciano, e il tempo si ferma, c’è una musica in sottofondo, e non hanno tempo di pensare ad altro che sentire ciò che si sprigiona tra loro. È Ivan che si stacca, anche se malvolentieri: “Chiudi gli occhi, ti porto a guardare una meraviglia”.
Fioralba Focardi