
Oggi è con noi, Arnaldo Caponetti scrittore, onorata della sua gentilezza nel rispondere alle domande, dato che è un uomo molto riservato.
Ciao Arnaldo, intanto come stai, e come vivi questi giorni di quarantena?
Un po’ come tutti, con pazienza e rassegnazione. Scrivo quale pagina oggi e la correggo il giorno dopo. Leggere quello che ho in libreria mi deprime perché mi riporta al passato e non voglio caderci dentro.
Non è semplice vivere chiusi in casa, come ti sei organizzato?
Nel modo più comune. Sveglia alle otto. Quattro chiacchiere con la Iole per programmare la giornata, che poi è sempre uguale. Cosa si mangia per pranzo e per cena, poi lei per casa a sfaccendare, io alla TV per le ultime notizie che sono sempre le stesse. Non siamo abituati ad andare a nanna presto, così la routine continua.
Parlaci un po’ di te!
Sono un tipo strano. Sono un solitario. Forse perché non ho trovato, da adulto chi veramente mostrasse il suo interesse per me, i miei problemi. Ho trovato solo amici con l’EGO in primo piano. Da bambino e da ragazzo ne ho avuto tantissimi, poi ognuno ha preso la propria strada. Non ho figli e forse per questo sono un musone. La Iole mi compatisce da decenni e si va avanti.
Tu sei uno scrittore, quanti libri hai pubblicato?
Tutto mi sento, meno che uno scrittore. Ho coltivato la passione fin da bambino, e questo lo dimostra che a dodici anni ho iniziato a scrivere il mio diario che chiamavo di guerra, che poi ho intitolato Il bambino con la sporta del pane. A quindici sono passato alla poesia, passione che ho chiuso a diciassette, deluso dal comportamento delle ragazze che mi giravano attorno e ho cominciato a scrivere racconti. Me n’è rimasto solo uno, di tanti Il fiume, poi sono passato alla narrativa Gialla dopo aver letto qualche libro con Nero Wolf. Sono finiti tutti nella spazzatura. Ieri spostando libri nella libreria in una scatola da scarpe ne ho trovati due databili anni ’60: La mia vecchia Olivetti Lexicon e Lettera Mi sono preso una pausa e anni dopo ne ho scritto uno l’anno, di proposito. Due di questi, Caviale e lenticchie e Come due foglie al vento li ho mandati alle Case Editrici Mondadori e Feltrinelli. Quando negli anni ’50 bazzicavo per lavoro Milano conobbi GianGiacomo Feltrinelli. Per quanto io liberale e lui estrema sinistra fu una cara amicizia, anche se durò brevemente. Non ebbi neppure una risposta dalle due case, tentai con altre…idem. Smisi subito, anche perché al Premio letterario “Italo Calvino”, dopo la premiazione ricevetti una lettera nella quale mi si complimentava per il romanzo ma mi si faceva presente che il cognome del generale era De Gaulle e non De Golle. Li mandai a quel paese e non ho più partecipato a premi, né ho contattato editori. Scrivo per me stesso e per chi vuole leggermi. Tant’è che li stampo e li rilego da me e assicuro che sono diventato un tipografo a tutto tondo.
Hai già risposto alla domanda che segue, ma vorrei farla ugualmente perché è interessante capire il tuo punto di vista.L’editoria è un mondo particolare, hai pubblicato con case editrici o ti sei auto prodotto?
Da qualche anno, su consiglio di un amico, pubblico su Kobo Publishing Life, così tanto per passare il tempo. Anche su Amazon, ma devo avere commesso qualche sbaglio perché si è inceppato il programma. Comunque, chi mi vuole online sono lì, chi vuole il cartaceo mando per posta i libri a costo zero anche il francobollo.

Tu sei una persona schiva, desumo che hai fatto poche presentazioni.
Neppure una. Detesto i mangiasoldi a tradimento. Ieri ho letto su fb una recensione sulla casa editrice Albatros, lasciamo perdere.
Viviamo tutti e due a Firenze, ma ancora non ci siamo incontrati di persona e soprattutto non ho ancora letto i tuoi libri, mia mancanza, che genere scrivi?
Un po’ di tutto, lo si capisce dalla copertina. Di oltre trenta romanzi ne ho salvato appena una ventina. I titoli sono in internet a mio nome. L’ultimo, Voglio mio figlio, è una storia moderna; una madre in cerca del figlio avuto da un siriano che lo ha portato via per fare di lui un bambino combattente, un inghirami.
Hai un nuovo progetto editoriale?
Ho iniziato da anni tre romanzi: Caldo vento del sud, lo stupro di una dottoressa in una Guardia Medica da parte del figlio di un mafioso; L’amore e il coraggio, tutto quello che può soffrire o godere chi partecipa alla guerra partigiana; Arpo Nopac e la sibilla africana, un giallo farsa del nostro simpaticissimo avvocato del whisky. Non mi offro più agli editori. Ho troppi capelli bianchi e non voglio perderli proprio all’ultimo.
Cosa ti piace di Firenze? E dei fiorentini? (domanda provocatoria)
Sono arrivato a Firenze il 1 gennaio 1939 proveniente da Fiume (la città del Vate (Gabriele d’Annunzio) mio padre era capostazione. Sono nato però a Rimini, città di Augusto. Pochi mesi dopo essere arrivato in città ho assistito, da Balilla, all’incontro Mussolini/Hitler. Tutti gli antifascisti erano in piazza ad applaudire solo mio padre storse il muso. Amo Firenze, dalla quale non mi sono mai separato fisicamente. Ho un buon cordone ombelicale con lei. Morirei se me ne andassi.
Pensi che dopo questa pandemia, l’essere umano potrà essere migliore?
Mio padre, con un detto francese diceva: Tout lasse, tout passe,tout casse. Il genere umano è e resterà sempre lo stesso. Le mie letture iniziano con le tavolette babilonesi e i papiri egizi e finiscono al Cimitero di Praga di Umberto Eco. Nel mezzo, è cambiato qualcosa?
Fioralba Focardi
