Cronaca XXXIII quarantatreesimo giorno di quarantena

Cosa farò quando potrò uscire per camminare un po’?

Mi sono svegliata con questa domanda in testa, cavolo che voglia ho di andare a fare una bella passeggiata.

Mi guardo allo specchio, che faccia pallida ho, Mortisia mi fa un baffo in quanto a pallore, voglio il sole che da colore alla pelle, che scalda è mette allegria.

Il sole è meglio del caffè, tu sei meglio del sole però, sei come una musica che amo ascoltare in questo periodo, la lunga strada sei tu da percorrere lentamente.

Ora però c’è solo il caffè, che mi fa compagnia e mi sussurra promesse di un giorno vivace e ben sveglio.

Ho messo un po’ di rock, e trascino lo spolverino a tempo, tra i ninnoli posati qua e là.

Mi viene in mente una vecchia, vecchissima pubblicità, dove una massaia con il grembiule a pallini e un fiocco in testa spignattava felice.

A me piace spignattare, ma solo se ho tante persone d’accontentare, altrimenti mi baso su piatti che fanno perdere poco tempo e soprattutto fanno poco sporco.

In cucina sono meticolosa, direi noiosa. Quando scelgo una ricetta, devo avere tutto sottomano, e poi appena ho usato un utensile lo devo lavare e mettere a posto, detesto il disordine che si accumula.

Diverso è per il tavolo dove scrivo, lì c’è di tutto, bicchieri, tazzine, posacenere, accendino e sigarette, e tanta cenere intorno perché la sigaretta di solito mentre scrivo si consuma da sola.

Con questa cronaca sono arrivata già a cento pagine, chissà quante ancora ne dovrò scrivere, prima che tutto questo sia finito.

Voglio il sole, l’ho già detto lo so, non mi piace prenderlo in terrazza, ho bisogno di spiaggia o di un prato, dove sedermi e ascoltare il creato.

Le interviste stanno andando bene, gli amici si divertono a rispondere, e anche io a fare domande.

Appena saremo libere ci siamo dette con Claudia, che andremo a Livorno a guardare il tramonto dalla terrazza Mascagni. Anche al piazzale non sarebbe male, ma scappare un po’ più lontano sarà come ripartire per nuovi viaggi.

Viaggi, viaggi, viaggi, era il duemila undici, quando inizia a viaggiare da sola, che paura che avevo, prendere un treno e arrivare a Bologna da sola, fu il primo di una lunga serie di viaggi, sempre un po’ più lontano e sempre da sola.

Imparare un diverso tipo di solitudine mi è costato fatica, tante lacrime, ma poi ho capito che per stare bene, bisogna amarsi, scegliere con cura con chi stare, altrimenti si continua a soffrire.

Questo è un viaggio interiore, che deve ancora essere concluso, ci vuole tempo, e io ne ho perso troppo, ora devo scegliere il mio percorso con cura.

Il nostro viaggio è diverso, sconclusionato, ma intimamente bello, fatto di strane alchimie che fanno impazzire il cuore, che si disinteressa alle banalità.

E in questo viaggio non ho fretta, perché mi gusto ogni attesa, ogni parola, ogni attimo, ogni silenzio.

A proposito di silenzio…

È l’ora del coprifuoco, no, dell’attacco al mio soffitto.

Oggi sembra un rinoceronte la mia vicina con quel suo boom…boom…boom…

Fioralba Focardi

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...