Cronaca XLIV Cinquantaquattresimo giorno di quarantena

Devo trovare una prospettiva diversa alla mia vita, mentre le ore passavano tra un respiro e un sorso d’acqua, questa era la mia riflessione stanotte.

Cosa significa cambiare?

Ancora dopo diversi anni non l’ho capito, ma prima o poi ci riuscirò.

Per passare da un’ora dormita all’altra a occhi aperti ho messo le cuffie e una musica rilassante, che ha conciliato i pensieri.

Ma guarda tu, se questo disturbo fisico mi doveva far riflettere.

Ma è così che funziona con me, quando sto male nessuno se ne accorge perché non ho voglia di compatimenti vari, non li sopporto, non amo compatire nessuno, lo trovo deleterio anche per chi sta male, o vive situazioni che possono essere di disagio sia emotivo che lavorativo.

Perciò quando sto male, divento quasi invisibile, silenziosa, come se fossi raccolta in chissà quali intricati pensieri. Il silenzio, l’ignorare il malessere mi porta a riflettere. Non che in questi giorni non sia stata agitata, tutt’altro, ma dipende da quella sensazione quasi claustrofobica del non respirare, quando mi calmo poi e razionalizzo, la metamorfosi è evidente. E ora che ho inglobato le mie difficoltà respiratorie, riesco a gestirle e a passare oltre. A me quel poverina è sempre stato sui nervi, sempre!

Alle 7 sono pimpante come se avessi dormito dieci ore di fila, mamma mi guarda e mi dice: Stanotte hai riposato di più!”

“Ma che fai non dormi tu che senti se dormo o no? Eppure, cerco di non fare rumore”.

“Alla mia età il sonno è più leggero,” mi dice, “mica come te che quando dormi non senti niente”.

Sorrido e mi verso il caffè: “ Buona festa della mamma, quando si potrà andare per negozi, ti porto a mangiare un bel gelato”.

Dopo mezz’ora ecco Jacopo che mi scrive: “Vecchia auguriiiiiiii oggi è la tua festa”.

Ma guarda che strano, mai considerata lui la Festa della Mamma, e invece questa situazione ha modificato anche il suo modo di esternare affetto.

Stanotte ho lasciato il PC, sul tavolo in salotto, con il filo inserito alla presa della corrente lungo mezzo pavimento,  ci sono inciampata, inevitabile che succedesse, non ci pensavo, e nella penombra con il caffellatte in mano, era inevitabile. Come un’acrobata riesco a non far cadere la tazza, solo poche gocce che schizzano sul pavimento.

“Se accendevi la luce, forse non capitava!”

“Tanto devo lavare il pavimento!”

Mamma scuote la testa e borbotta, oggi si va da mia sorella, perciò non si cucina.

Scrivo poco, se dessi retta a mamma, la domenica dovrei riposare, riposare? Oddio sono due mesi che riposo, e che non so più cos’è essere stanca fisicamente.

Quasi quasi appena risolvo sta cosa del naso, mi vado a fare una camminata di dieci kilometri, voglio sentirmi stanca, stanca, stanca, un po’ come deve essere la mia vicina, dopo che ha saltato trenta minuti sopra al mio capo.

Boom…boom…boom…ma riposati non sei mica Dio, che poi anche lui il settimo giorno si riposò.

Ma il settimo giorno, chiedo, così per informarmi: era per forza domenica?

Fioralba Focardi

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