
Traduttrice e poetessa romena (Turda 1923-Cluj 1984). Di eccezionale preparazione linguistica e culturale, tradusse il Decameron, Petrarca, Michelangelo, Leopardi. Ma la prova più alta fu La Divina Commedia, dove al rigore metrico della terzina non è sacrificata la bellezza dell’immagine, con un processo di vera ricreazione. Solo nel 1971 debuttò come poetessa con versi di vigorosa e raffinata fattura, oltre che di contenuto denso e fortemente simbolico: è una lirica in cui non solo i temi (problematiche esistenziali drammaticamente sentite ed affrontate), ma anche l’uso sapiente di strutture linguistiche quanto mai complesse, lasciano trasparire l’appassionata e profonda frequentazione dell’antica poesia italiana (Disordine di ombre, 1974; Prodigalità d’amore, 1976; Il miele del buio, 1980). Più volte premiata dall’Unione degli Scrittori, le hanno conferito una medaglia d’oro il Comune di Firenze, per la traduzione della Divina Commedia (1970), e la Fondazione Cini, per quella del Petrarca (1974).
Nocturna III
Până mâine e noapte
cheaguri de umbră
gâtuie vântul, cheaguri de lună
apasă pe aer, compacte,
parfumul
grădinilor se strânge la un loc în potire.
Polenul în ochii pisicii în galbene pete se-adună.
Tulpină de fum din crâmpeie mă-ncheg,
mă perind, mă desfac.
Până mâine
nimbul de lună e brațul meu drept,
coapsa, și stângul calea lactee,
starea de fum străvezie,
risipa de mine, de noi până când
ca o iederă ziua mi se-ntinde pe trup
și forma-i restituie.
Nocturna III
Domani è notte
coaguli d’ombra
gola al vento, coaguli di luna
Premi sull’aria, compatti,
il profumo
i giardini si stringono in un posto nel calice.
Il polline negli occhi del gatto in macchie gialle si riunisce.
Ceppo di fumo dalla tromba,
Sto perdendo, sto perdendo.
Fino a domani
Il nimbo della luna è il mio braccio destro,
coscia, e sinistra la via lattea,
antico stato di fumo,
spreco di me, di noi finché
come un’edera il giorno si estende sul mio corpo
e la forma li restituisce

ETA BOERIU – ALLA MORTE DEL POETA DI Ovidiu Vuia
Eta Boeriu conserva nelle sue traduzioni la matrice strettamente classica, nella divina Commedia endecasilabu tertines, perfettamente e simmetricamente rima, è corretta come l’esamemetro delle storie omeriche. Lo stesso endecasilab sarà presente nelle eroiche ottave di Ariosto, Torquaato Tasso e come abbiamo visto negli Idills e negli antiidi di Leopardi. Endecasilabul, il solito verso giambico composto da undici sillabe è caratteristico per la letteratura italiana tanto quanto il verso alessandrino composto da 12 sillabe con il cessura al centro, per la letteratura francese.
Il sonetto petrachiano rigorosamente endecasilabico è stato praticato in noi come forma fissa da Eminescu, da Vlahuta a Bacovia, il primo riesce a dare su questo percorso un nuovo soffio di melodia del cuore, il classico sonetto. Inoltre, lo sviluppo del sonetto corrisponderebbe ad alcune rappresentazioni matematiche come alcuni provarono di più con le basi e le note musicali che trattavano delle leggi del contrappunto dopo quelle dei logaritmi, quindi in generale il freddo concettuale di qualsiasi sonetto, carattere raro evitato da Petrarca, più riuscito ma da Eminescu nei pochi sonetti, orde di letteratura romana, Vasile Voiculescu in talmacii immaginari dopo che i sonetti di Shakespeare ricorrono alla forma del verso sonetti inglese di dieci sillabe lo sostituisce con il 13-14 con il cessus nel mezzo della poesia di Eminescu, brillante innovazione della poesia indigena, Ora spieghiamo perché il poeta dell’amore profano purgato sull’horeb dell’interno eterno, come in una narrazione tiziano, prende il modello della grande Volontà: sotto la sua grande ombra vuole mettere sotto protezione i suoi sonetti scritti nella forma non petrarchchiana, ma più adatti all’avventura dell’anima provata secondo la vita creativa del demiurgo.
L’esegeto moderno della poesia, del verso letterario sfuggito a qualsiasi tirannia esterna, non può trascurare la lezione sulla matrice classica dei talmacii del Boeriu E cioè essere in grado di penetrare davvero nel laboratorio della grande poesia.
Se l’opera di Dante può essere paragonata non a una cattedrale gotica, come sostiene Al. Balaci, ma a una chiesa romanica, la materializzazione stilistica dell’orizzontalità segnalata da Lucian Blaga, poi ammetteremo che, E. Boeriu conosceva, usando le unità di misura, le pietre del tempio del volume stih, per renderle nella perfetta architettura linguistica rumena, in modo che l’incarnazione della Divina Commedia possa essere posta accanto all’Iliade tradotta nell’esametro dattilo di G. Murnu, l’ultimo, dopo Titu Maiorescu e Ioan Bogdan, il capolavoro della letteratura romana.
Da qui la nascita di questo cantoniere di Messer Francesco Petarca in rumeno da parte di Eta Boeriu, l’impressione che il docente ha è che è così che Petrarca avrebbe scritto se avesse conosciuto la lingua daco-romana. Il più grande omaggio al traduttore non può essere.
Ho recensito i Talmacii del Boeriu, segnalandoli, né ho seguito il loro ordine di pubblicazione, ho solo cercato di rivelare la forza della chiamata e il valore nascosto nel suo cuore.
Con la grande vittoria dello spirito, Eta Boeriu mi sembra come un’altra Signora con l’Unicorno: cioè la donna cresciuta sotto la tenda del mondo, il leggendario animale offre sotto la tiara di quell'”Amon seul desir” al posto dello specchio e dei gioielli della vanità, il libro della poesia, la strada per le sacre sorgenti della creazione, per lei, il Poeta.
Difficile accettare oggi la notizia della fine della vita del Boeriu, come se la meravigliosa canzone dell’usignolo potesse mai ersi.
Dopo tutto, la sua anima è eterna, come la poesia.
1984 OVIDIU VUIA
DANTE ALIGHIERI – “DIVINA COMEDIE”: ETA BOERIU – LA MOARTEA POETEI (divinuldante.blogspot.com) qui trovate tutto l’articolo completo molto bello
Risipa de iubire
Nu răsucește nimeni amintirea
doar ca un cuțit în carne vie,
dar curge sânge cald,
ci doar iubirea
din care-am smuls fășie cu fâșie
ca rănile să ți le leg, când nedurută
și fără griji mă ofilea deodată
durerea ta. Și-n noi cum se sărută
simțeam atunci, și-ncet cum se dilată
aceeași spaimă, singura nespusă,
aceeași și mereu neadormita,
și totuși eu, o, eu, nesăbuita
mă sfâșiam în zilnica risipă
de dragoste și nu puneam deoparte
o! nu puneam din câte-am smuls în pripă
o singură fâșie pentru moarte.
Spreco d’amore
Nessuno stravolge la memoria
proprio come un coltello nella carne,
ma scorre sangue caldo,
ma solo amore
da cui ho strappato striscia dopo striscia
per fasciarti le ferite quando non stanno bene
e senza preoccupazioni mi fece appassire all’improvviso
il tuo dolore. E in noi come baciare
Potevo sentirlo espandersi lì e lì
la stessa paura, l’unica inespressa,
lo stesso e sempre insonne,
eppure io, oh, io, spericolato
Mi stavo facendo a pezzi nei miei rifiuti quotidiani
d’amore e non ho messo da parte
un! Non ho messo tutto quello che potevo
una singola striscia per la morte.