
L’infanzia e l’adolescenza
Figlio di Alberto Nanni e di Tina Milazzo, nato a Livorno un mese e mezzo dopo la fondazione in quella città del Partito comunista italiano (21 gennaio 1921), fu precocemente portato all’amore per lo studio e per la scrittura in particolare dal padre, cultore di poesia e in grado di recitare a memoria passi di Dante e di Ariosto; dalla madre, vera artista del ricamo, prese invece la creatività, insieme alla positività, all’amore per la vita, all’entusiasmo per le piccole cose non meno che per le grandi. Ancora bambino si trasferisce con la famiglia a Padova, ma non dimenticherà mai la sua Livorno dalla quale gli deriverà l’amore per il mare, per i bagni fra gli scogli, per i frutti di mare mangiati crudi e per il saporito cacciucco, piatto forte in casa. A Padova, città di cui parlerà sempre con affetto, compie gli studi e vive anni sereni. Qui si fa un primo amico, Fernando De Marzi, amicizia vera nata dai giochi fatti insieme per strada e destinata a durare. Le vicende storiche li separeranno ma si ritroveranno dopo la guerra, Renzo attivista comunista, Fernando deputato, poi senatore democristiano, uniti dall’onestà, dall’amore per la fotografia e per Fellini, dalla serietà nella vita quotidiana. Fernando sarà ospite a cena da Renzo ogni settimana per anni, finché si ritirerà dalla politica e andrà a trascorrere gli ultimi anni della vita in un monastero a Gubbio. Da Padova Renzo e Fernando, con le rispettive famiglie, fanno gite e villeggiature insieme in montagna, sulle Dolomiti venete, e qui prende vita un altro aspetto importante di Renzo: l’amore per la montagna, per le arrampicate, per lo sci, tanto che, quando dovrà fare il militare, sceglierà di farlo tra gli alpini. Intanto un nuovo trasferimento lo porta insieme alla famiglia a Roma nel 1939.
La guerra e la campagna di Russia
La guerra sta per scoppiare. Prima di arruolarsi Renzo fa in tempo a concludere gli studi al liceo Virgilio, dove si lega di amicizia ad alcuni ragazzi che nel dopoguerra animeranno i gruppi culturali cattolici sotto la guida di Giovanni Fallani, un giovane sacerdote, poi vescovo, poi Presidente della Pontificia Commissione d’Arte Sacra. Renzo non è credente ma con Fallani nasce un’amicizia basata sulla stima reciproca e sugli interessi letterari comuni. Nel 1948 Fallani battezzerà in san Pietro la figlia di Renzo e sarà sempre vicino alla sua famiglia, oltre a inserire Renzo fra i conferenzieri che, negli anni ’60, animeranno gli incontri danteschi alla Casa di Dante la domenica mattina. Tra gli amici del Virgilio, Renzo manterrà legami soprattutto con Vincenzo Ibba (diventerà filosofo) e Italo Borzi (diventerà studioso di letteratura, soprattutto di Dante). Nel frattempo la guerra porta Renzo, alpino della Julia, a partecipare alla campagna di Russia. Lo stesso destino ha suo padre, anche lui alpino.
Mentre la madre, rimasta sola nella piccola casa di via Fratelli Rosselli, partecipa alla guerra ospitando e nascondendo ricercati del regime (fra questi un giovane medico brindisino, Norberto Rolandi, che in seguito diventerà grande amico di Renzo e testimone al suo matrimonio), in Russia succede qualcosa di straordinario: in piena ritirata, si incontrano casualmente nella steppa gelata, tra gli sbandati delle due divisioni, Renzo e Alberto, il figlio e il padre. Il tenente Alberto parla col tenente di Renzo per far passare il figlio nel suo gruppo; gli viene opposto un rifiuto per motivi di responsabilità militare: “Cretino – ribatte Alberto –, chi se la deve prendere la responsabilità se non il padre?”. Così Renzo passa col padre ed è la salvezza per entrambi: della divisione torneranno vivi in sei e, tra questi, i due Nanni. Avvisata che il marito e il figlio sono tornati, Tina non riesce a riconoscerli all’ospedale di Rimini, dove entrambi si trovano. Ci vorranno anni prima che gli arti, mezzo congelati, riacquistino la piena funzionalità e, soprattutto, prima che cessino del tutto gli incubi notturni di Renzo. Per anni Renzo non riuscirà a parlare di questa esperienza: ne parlerà il padre raccontandola alla moglie, parlando del gelo, delle isbe, dell’aiuto avuto dai russi, dei compagni che morivano in piedi congelati. Quarant’anni dopo quell’esperienza sarà oggetto del poemetto Minuscoli su pagina bianca. Ma nell’«estate, autunno, inverno» (come scrisse egli stesso) di quel 1943 fa le sue prime prove di scrittura in versi con una ventina di poesie ora raccolte nel volume Questo me stesso.
Il dopoguerra e le prime opere poetiche
Nonostante quella tragica esperienza alle spalle, Nanni, dopo aver partecipato alla resistenza romana nelle file del Partito d’Azione, affronta con entusiasmo il dopoguerra: si fidanza con Maria Germano, che sposa nel 1946 e che gli sarà sempre vicina con affetto e discrezione. Si laurea in lettere, discutendo con Paolo Toschi una tesi sulle tradizioni popolari e collaborando con Salvatore Maria Puglisi negli scavi sul Palatino, che portano alla luce la “Roma quadrata”. Probabilmente, proprio il contatto con Puglisi, l’archeologo poeta, insieme con la vivacità dell’ambiente culturale romano, animato in quegli anni da giovani d’eccezione arrivati da molte parti d’Italia, come Pier Paolo Pasolini (giunto a Roma dal Friuli nel 1950) Attilio Bertolucci (trasferitosi a sua volta a Roma da Parma nel 1951) Giorgio Caproni (tra l’altro anche lui di origine livornese, giunto a Roma già dal 1939) e poi Elio Filippo Accrocca, Ugo Reale, Giuliano Manacorda (che poi divenne lo storico di quel periodo) e tanti altri. Con questi ultimi tre in particolare Nanni stringe un sodalizio umano e letterario che durerà, in pratica, tutta la vita.
Intanto il suo impegno politico, ora nel PCI, prosegue soprattutto in una straordinaria azione volta a organizzare eventi culturali a favore della pace e della fratellanza fra i popoli. In particolare Nanni è l’animatore delle Olimpiadi culturali a Genova nel 1950, una grande kermesse a cui partecipano, oltre ai migliori artisti italiani, Picasso e Neruda, della cui conoscenza Nanni andrà sempre orgoglioso. Lo affianca, nell’organizzazione, un giovane e dinamico intellettuale del partito, che diventerà suo grandissimo amico: Franco di Tondo, studioso di storia. Franco sarà sempre di casa da Renzo, faranno villeggiature insieme in Alto Adige, avranno sempre mille cose di cui parlare e immutati sogni da condividere. Renzo, tuttavia, non è tagliato per la vita politica e non ambisce a incarichi. In quegli anni si accentua invece il suo amore per la poesia e per gli studi letterari: nel 1950 è 1° segnalato al Premio Chianciano, l’anno dopo è segnalato per l’Italia al Festival Mondiale della Gioventù a Berlino. Sono gli anni che lo vedono collaborare a Rinascita, L’Unità, Mondo operaio, Lavoro Nuovo, Paese sera. Nel 1952 esce il suo primo volumetto di poesie, L’avvenire non è la guerra, inserito nella rosa dei finalisti al Viareggio di quell’anno. Con questa opera, afferma Giuliano Manacorda, «viene in primo piano l’epos resistenziale, temperato dalla presenza di accenti civili o moralistico-descrittivi […]. Il tema resistenziale si riconnette senza fratture alle lotte per il lavoro: la “guerra nostra” ora si è spostata nelle campagne di Calabria e di Sicilia, a Melissa, dove i lavoratori cadono negli scontri con le forze dello Stato, alla Sardegna dei pastori, alle fabbriche in sciopereo, ovunque è ancora tempo di “canti da gridare”»

Il lungo silenzio poetico e gli studi letterari
Passeranno venticinque anni prima che Nanni pubblichi il suo secondo libro di poesie. Ma quegli anni non sono inoperosi. Intanto non smette certo di scrivere poesie: semplicemente, quelle che scrive negli anni Cinquanta e Sessanta decide di tenerle a lungo nel cassetto e di pubblicarle solo nel 1977 nella raccolta Terra da amare. E poi Nanni svolge, con l’entusiasmo che gli è proprio, il suo lavoro di insegnante di italiano e storia negli istituti tecnici, un lavoro per il quale è favorito da grandi capacità comunicative e da un vero e proprio carisma che conquista gli studenti anche più riottosi. I primi anni di insegnamento li svolge ad Alatri, dove si inserisce facilmente nella vita di un paese che sta uscendo dal torpore e che contribuisce a ravvivare con iniziative culturali. Proprio ad Alatri conosce Cesare Zavattini. Successivamente insegna a Roma, prima al “Leonardo da Vinci”, poi al “Maffeo Pantaleoni”, istituto nuovo, che negli anni ’60 si avvale di insegnanti prestigiosi (come Nunzio Sabbatucci, Alma Sabatini, Franco Costabile, per fare alcuni nomi conosciuti) e in cui Nanni rimane fino alla fine della carriera scolastica. Alla fine degli anni ’60 conosce l’editore Angelo Signorelli che lo spinge a scrivere un manuale di letteratura italiana per le scuole secondarie: così nel ’73 esce Letteratura italiana: materiali per un programma, in quattro volumi, un libro che ottiene un notevole successo per il rigore e la chiarezza che lo contraddistinguono e per le schede di approfondimenti culturali di nuova concezione. Il lavoro richiede molto tempo (Nanni non si avvale di collaboratori) ma l’editore aspetta, certo che ne valga la pena. Il successo, anche economico, del libro, consente a Renzo e a sua moglie Maria di attuare un progetto che hanno in animo da tempo.
La vita a Velletri e la nuova ispirazione poetica
Nel 1966 avevano acquistato un pezzo di terra a Velletri con un piccolo rustico che avevano usato come punto d’appoggio nei fine settimana. Coi proventi del libro possono sistemarlo, ingrandirlo, farlo diventare quella grande casa di campagna, Vignafiorita, in cui ben presto si trasferiranno e in cui passeranno l’ultima fase della loro vita. Per Nanni, ormai in pensione, sono anni molto intensi nei quali il lavoro di contadino, svolto con forza e determinazione, si alterna a quello della scrittura poetica. Riaffacciatosi alla pubblicazione con Terra da amare, ora Nanni si sente finalmente più libero di dedicarsi alla sua grande passione, la poesia, in cui condensa ricordi, stati d’animo, il nuovo rapporto con la natura. A pochi anni di distanza l’uno dall’altro escono Braccia limitative e il mondo (1979), Minuscoli su pagina bianca, poemetto nel quale riprende, a quarant’anni di distanza, il tema della ritirata di Russia (1982), Fasi di luna, nel quale annuncia agli «scolari diletti» la sua pensione affermando: «Lascio a voi […] / una parte vistosa di me» (1989), Fuoripista (1996), Una vita quasi un secolo (2003). A Velletri si inserisce nella vita culturale e sociale della città, collabora con il giornale locale “Il Cittadino” (sul quale cura dal giugno del 2001 al novembre del 2003 la rubrica di poesia Svegliati e canta) e, soprattutto, contribuisce alla nascita della associazione “La vigna dei poeti”, che diventa in poco tempo luogo di aggregazione e di elaborazione culturale delle migliori energie sul territorio. Si spegne il 1º aprile 2004 alla clinica “Città di Roma” di Aprilia, dove, fino all’ultimo, continua a comporre versi. Poche ore prima di morire apprende che il medico di guardia è anche lui di Livorno e pronuncia la parola «Ardenza…». Dopo la morte, Maria trova, fra vecchie carte, le poesie giovanili di Renzo, scritte nel 1943: alcuni cari amici (Domenico Adriano, Francesco De Nicola, Rodolfo Di Biasio, Giuliano Manacorda) e l’editore Caramanica li pubblicano nel 2005 col titolo Questo me stesso. Nello stesso anno esce, a cura de “La vigna dei poeti”, il volume Omaggio a Renzo Nanni, che contiene, insieme a testi del poeta scomparso, i versi e le riflessioni di coloro che per tanti anni egli aveva condotto, come dice il motto dell’associazione, a essere «amici della poesia».
Renzo Nanni – EverybodyWiki Bios & Wiki
Campagna
(appunti di viaggio)
Come cantare l’erba alta che cresce,
frutti maturi accesi di sole
e cieli curvi ad arco sulle siepi
e la noia dolce di un lungo riposo?
Tutto questo potrebbe essere un canto
di festa. Io lo sento domani
scuotere la terra, io li vedo
correre il mondo i canti imbandierati.
Ma troppa terra è ancora senza seme
o è prato di uomini senza pace
che appena annuncia l’alba…
Liberate Nazim Hikmet
Compagni, liberate Nazim Hikmet il poeta
cui vorrebbero tappare la bocca
perché voi per sua bocca parlate
ed essi temono le vostre parole
temono un uomo perché temono
milioni di uomini per questo
essi vogliono tappare la bocca al poeta
per questo lo lasciano consumare
in carcere come una piccola fiamma
non alimentata e non sanno che il fuoco
cresce dentro di voi con le sue parole
che ogni operaio oggi è anche poeta
e sa morire piuttosto che tacere
perché suo oggi è il canto
e il mondo e la fiamma
dell’avvenire.