
Giancarlo Majorino nasce nel 1928 a Milano, dove vive. Poeta e critico, insegna alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
È stato cofondatore e redattore responsabile della rivista culturale Il corpo, della rivista Manocomete e cofondatore e direttore della rivista di poesia Incognita. Tradotto in inglese, francese, russo, spagnolo, figura in più antologie straniere; suoi testi e saggi interpretativi sono apparsi sulle più importanti riviste italiane e su alcune riviste straniere. Numerosi i suoi testi teatrali, più volte rappresentati.
È Presidente della Casa della Poesia di Milano, che ha sede presso la Palazzina Liberty di Largo Marinai.
Majorino inizia a scrivere molto presto, valendosi pure di un clima familiare molto aperto e di discussioni continue e della partecipazione al lavoro di sua madre, autrice di romanzi e di novelle.
Per un certo periodo si dedica anche alla pittura, tappezzando le pareti di casa con disegni e tempere.
Sempre molto curioso, entra in svariate attività lavorative e culturali.
Durante la guerra sfolla con la sua famiglia a Crema, città che rimarrà un punto di grande riferimento per la sua vita poetica.
Studia intanto, ma non tanto, giurisprudenza, laureandosi conseguentemente.
Nel ’50 conosce Enrica Villain, che diventerà la sua “con-sorte”. Nel ’54, nonostante tutti i tentativi per evitarlo, fa il servizio militare. La leva però si rivela essere non del tutto negativa, anche per l’amicizia subito nata con l’astronomo Dino Proverbio.
Nel ’56 entra a lavorare in una banca e in quei tempi, più vivi che morti, si prepara al concorso di filosofia. Nello stesso anno conosce il filosofo Luciano Amodio, che era al centro di un gruppo molto agguerrito di intellettuali, tra cui lo psicanalista Fachinelli e il poeta Pagliarani.
Nel ’59 esce presso l’editore Schwarz la sua prima opera, La capitale del nord; Vittorini pubblicherà nel 1963, sulla sua prestigiosa rivista Il Menabò, un gruppo di poesie.
Nello stesso anno vince il concorso di filosofia; intanto, sempre senza soldi, si rituffa nella “bassa marea di lavori mutevoli”.
Con l’avvio dell’insegnamento di storia e di filosofia nei licei, lascia senza lacrime la banca. Per un anno, secondo la prassi, dovendo insegnare fuori Milano, sceglie Crema. Tornato, insegna all’Ottavo Liceo Scientifico, dove rimarrà 15 anni.
Nel ’71 è tra i firmatari dell’Appello del settimanale L’Espresso contro il commissario Calabresi.
Nel ’76 sua mamma si ammala gravemente e muore nel 1980.
Nel 1982 lascia l’insegnamento e nel 1983 muore anche suo padre.
Impegnato di nuovo nell’insegnamento agli inizi del ’90 (alla Nuova Accademia di Belle Arti, adesso insegna semiotica, analisi della scrittura ed estetica), pubblica vari libri di poesia, partecipa a numerosi incontri in Italia e all’estero, sempre tuttavia concentrato su di un poema, iniziato nel 1969 e non ancora apparso. Nel 2007 gli è stato riconosciuto l’Ambrogino d’oro
Dirige La Casa della poesia di Milano.
Ha preso parte ai vari progetti e festival di Casa della poesia (Il cammino delle comete, Incontri di Sarajevo, Napolipoesia, Salernopoesia) ed è stato ospite della struttura nel 2002.
majorino-giancarlo-24 – Biografia – Casa della poesia
PRIMO CANTO
luna più della luna in cielo stava
sull’intero ma poco guardata poco
in postazione cellule tuttora silenziose
dove con fluiscono si flettono e si abbandonano
sinergie svaganti
e sì riprendono
macchie interne o vichi foreste o avi bestia
ma la potenza dello spazio tempato
ha la meglio, crèdimi credètemi
luna più della luna in cielo stava
non ci si può togliere da un piangere, non
ci si può togliere da un piangere da un ridere
e i lumi si smagriscono, si spengono
è la città indiretta
dove accucciati sleali si vestono e andiamo
luna più della luna in cielo stava
e sull’intero ma poco mirata poco
e non era bello ma era necessario lasciare l’ìo
lo sbriciolato incerottato coi cerotti a pezzi
allontanarsi dalle fiammelle grette
e volare a sogno volare introiettando bassi bassi
il cemento, remoto il confine dell’erba
CONTORTO RITORNO AD ITACA, A CASA
Gagliardi conti la tua mania tessendo
Penelope cui non torna Ulisse detto Nessuno
rubandoti alla ditta contabile
di sé sparecchiato continua
lungo elenco di cifre dopocena
allegra e circondati come siamo
di figli non nati nell’inquieta
cucina certe inutili poppe che hai
senza i figlioli i fagioli
per giocare con la morte a tombola
ugualmente utili che hai
nel letto mi ricordo che cantavano
certe sirene dal visino aguzzo
che finivano in triangolo laggiù
e trentadue incisivi ora mentre giri
il fianco con i fori delle iniezioni.
da EQUILIBRIO IN PEZZI