
Lucian Blaga (Lancrăm, 9 maggio 1895 – Cluj-Napoca, 6 maggio 1961) è stato un filosofo, poeta e drammaturgo romeno. Per il ruolo che ha ricoperto nella letteratura del suo paese, si può ritenere uno dei più importanti poeti romeni del XX secolo, insieme a Tudor Arghezi, Ion Barbu, Ion Vinea, Vasile Voiculescu, Ion Pillat.
La sua infanzia fu segnata da un periodo di mutismo durato quattro anni.
I suoi studi elementari li compì a Sebeș (1902-1906), dopo i quali si iscrisse alla scuola “Andrei Șaguna” di Brașov (1906-1914). Allo scoppio della prima guerra mondiale Blaga stava frequentando un corso di teologia a Sibiu.
Si perfezionò culturalmente a Vienna (1917-1920), dove si laureò in filosofia.
Dopo la fine delle ostilità belliche, contribuì allo sviluppo delle attività giornalistiche in Transilvania con la sua attività editoriale che partorì le riviste Culture e The Banat.
Fino al 1938 seguì la carriera diplomatica, che lo condusse a Varsavia, Praga, Lisbona, Berna e Vienna, dopodiché la abbandonò per dedicarsi all’insegnamento.
Lucian Blaga fu infatti docente universitario di filosofia e, oltre a un certo numero di importanti opere filosofiche, scrisse testi teatrali e alcune raccolte di poesie, ispirate alla natura.
Tra i suoi numerosi impegni, si annoverò la sua adesione al gruppo di pensatori che collaborarono alla rivista Gandirea, di cui curò filosoficamente le tematiche metafisiche e religiose.
Il suo pensiero si sviluppò attraverso una tripla trilogia, chiamata della conoscenza, dei valori e della cultura. Il filosofo rintracciò nell’estetica e nella matrice culturale universale degli elementi basilari dell’arte un modello di indagine posto all’interno di una filosofia della cultura. Secondo Blaga, l’essere umano e la sua esistenza oscillano tra due estremi, uno definito della “conoscenza paradisiaca” raggiungibile attraverso la logica razionale ed il mondo oggettivo, l’altro chiamato della “conoscenza luciferica”, pilotato dagli stati al di sotto della coscienza che ci indirizzano verso il mondo dei misteri, il mondo metafisico costituente i valori culturali.[1] Quindi secondo Blaga, l’inconscio è esente da ogni irrazionalità ed invece presenta categorie logiche che formano la molteplice realtà culturale.
L’opera che esemplificò meglio di altre il suo pensiero filosofico fu Orizzonti e stile del 1936, mentre la lirica di Blaga perseguì un principio metafisico per arginare ed opporre resistenza alla fede nella natura e al materialismo. Tra le raccolte di poesie più significative, si annoverarono: I poemi della luce del 1919, I passi del profeta del 1921 e La lode del sogno del 1929. Blaga affrontò anche la carriera di drammaturgo, ed il suo teatro si plasmò grazie alla rievocazione di miti e leggende presi dal folklore romeno per formare uno scenario di sfondo a dialoghi impregnati di idee e di concetti.
Morì nel 1961.
Turbamento
Brucia il prato nel sonno. Dalle ciglia dei giunchi
s’allontanano lacrime di fuoco:
le lucciole.
Tra disegni di nubi, sulla costa
s’alza la luna.
Mani autunnali allunga su di te la mia notte
e nel cuore il sorriso ti porto dalla spuma
lucente delle verdi lucciole.
La tua bocca è uva diaccia.
Solo l’orlo sottile della luna
sarebbe così freddo
— se potessi baciarlo —
come le labbra tue.
Mi sei vicina.
Nel buio sento un palpito di palpebre.
Fiori di papavero
Fra l’amara cicuta
canto la mia letizia — e un remoto sgomento
della morte mi prende,
mentre vi guardo, fiori di papavero,
in riva al mar di segale.
Poter sfiorare
i petali, e non oso,
sembrano nati
dalla rossa bambagia
d’un affocato tramonto d’estate.
Abbracciare vorrei
il vostro slancio vergine,
ma siete un ornamento tanto esile
che temo
anche a stringervi al petto del pensiero.
E schiacciarvi vorrei
ché siete rossi, rossi
come in terra poterono esser solo
le ardenti gocce dì sangue cadute
sulle pietre
e la sabbia, al frantoio delle olive,
giù dalla fronte di Gesù,
quando ebbe terrore
della morte.